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Il mito della Taranta-Salento

Il mito della Taranta e la Pizzica salentina

I

l morso di una tarantola, che sopraggiunge in estate, durante il lavoro nei campi, o comunque le ora più calde della giornata e che fa ammalare la vittima, quasi sempre una donna e la costringe a danzare freneticamente, alternandosi a stati di profonda malinconia e depressione e stati di isterismo.

Sono andato a Galatina i giorni dei festeggiamenti di San Pietro e Paolo e lo spettacolo popolare a cui ho assistito è davvero dei più intriganti e suggestivi. Grande popolo!

Franco - da Siena

E’ un ballo nato dal rito pagano dell’esorcismo che ha progressivamente acquisito autonomia come forma ritmica e musicale divenendo fenomeno popolare. La Pizzica Tarantata nasce come ballo curativo del morso inferto dalla tarantola, un morso micidiale che produce spasmi, dolori muscolari, delirio. La cura si effettuata in casa, attraverso un ciclo coreutico con la presenza di un’orchestrina composta da tamburello, chitarra, fisarmonica e violino che suonava ininterrottamente per diversi giorni, fino a quando non sopraggiungeva la “grazia” di San Paolo. Si vede nel ballo l’espulsione del male, della negatività. In seguito a questo ciclo, la tarantata si recava presso la cappella di San Paolo a Galatina (LE) per rendere omaggio al santo bevendo l’acqua del pozzo miracoloso.

Questo è ciò che si documenta in merito a questo fenomeno, a limite tra la tradizione popolare e la leggenda..

Parlando del Salento, del suo folklore e delle sue tradizioni, non si può non parlare del tarantismo che oggi rappresenta una tradizione del tutto scomparsa, ma che rimane viva durante le manifestazioni ricostruite. Il tarantismo, presenta forti somiglianze con fenomeni simili in tutto il bacino del Mediterraneo (Spagna, Sicilia, Grecia e Sardegna) e anche in alcuni paesi del centro e del sud America.

L’origine di questa danza si fa risalire addirittura agli antichi riti dionisiaci. Si tratta di una vera tarantella popolare della quale è possibile distinguere varie tipologie: la cosiddetta “pizzica tarantata” è quella più conosciuta; è una danza tipicamente femminile con la quale si evoca il mito, vissuto drammaticamente, del morso della tarantola che rende “furiose” le donne fino a farle danzare freneticamente per liberarsi dal male interiore.
Questo fenomeno, fin dal ‘600, ha interessato studiosi di tutta Italia, e ha addirittura suscitato la curiosità di studiosi tedeschi che non avevano mai visto una tarantata.
Ernesto De Martino, storico ed etnologo napoletano, nell’estate del 1959, ha condotto una ricerca sul campo con una equipe di esperti, per cercare di analizzare quella che era considerata una “strana malattia”. Lo studioso notò alcune caratteristiche costanti: il tarantismo “viveva” nel povero mondo contadino, colpiva in maggioranza le donne, il primo morso e successive crisi annuali che che ne seguivano (dette “rimorsi”) si manifestavano tutte nella stagione estiva, durante il periodo di mietitura e si intensificavano con l’approssimarsi del 28 e 29 Giugno giorni della festa dei SS. Pietro e Paolo a Galatina.

La “malattia” spesso aveva una distribuzione familiare e il morso avveniva nell’età adolescenziale, età in cui si manifestano cambiamenti di carattere e le prime pulsioni sessuali. Secondo altri studiosi invece, il tarantismo era da ricondurre a disordini psico-patologici, e secondo alcuni medici gli spasmi erano da ricondurre ai colpi di sole.
Lo stesso De Martino afferma che spesso il mosro rimane solo un simbolo dietro cui celare frustrazioni, problemi economici e famuliari, amori difficili..; afferma anche che nella maggior parte dei casi, non è mai esistito un reale morso della tarantola, identificata nel “latrodectus tredecim guttatus”, poiché i casi erano stati assai rari, e inoltre un morso reale non poteva spiegare il ripetersi annuale delle crisi con l’avvicendarsi della stagione estiva. Quindi, in questa ricostruzione, il morso assumeva solo il significato simbolico, e ciò riconduceva il tarantismo in un ambito mitico culturale e religioso. La religione ha sicuramente un importante ruolo: il tarantismo è stato cristianizzato ed è legato alla figura di San Paolo che, si racconta, sembra abbia domato un serpente ed è per questo che viene invocato dai tarantati. Si narra inoltre, che passando da Galatina, volle ricompensare un suo ospite donando all’acqua del suo pozzo, un potere terapeutico e all’intero feudo di Galatina. l’immunità dai morsi velenosi della tarantola; lì fu anche costruita una cappella che divenne il luogo dove confluivano, a fine Giugno, i contadini da tutto il Salento per ripetere davanti alla cappella un breve rito coreutico, simile a quello compito in casa, per rendere grazie a Santo per la guarigione ricevuta e per donare le offerte raccolte durante la terapia domiciliare.

Il cristianesimo volle sostituire lo stretto rapporto tra la tarantata e la taranta con un dialogo tra San Paolo e la stessa tarantata quando quest’ultima invocava il santo. Proprio a questo legame si rifà il rituale ciclo coreutico che avveniva in casa in una zona limitata da un lenzuolo bianco steso per terra con immaginette del
santo e nastri colorati, che stimolavano nella “malata” le prime reazioni frenetiche fino a svilupparsi in una vera e propria danza forsennata che richiamava i movimenti convulsi della taranta. La tarantata poi si alzava in piedi saltellando in circolo o piroettando quando l’orchestrina riusciva a trovare il ritmo giusto riuscendo così a sollecitare la reazione “salvifica” della tarantata. Si credeva che la danza ossessiva dovesse costringere anche il ragno a danzare fino a farlo morire. Alla fine del primo ciclo, cadeva a terra stremata e la cura riprendeva fino al tramonto, per giorni interi, fino alla “grazia”.
Il tarantismo era un fenomeno fortemente legato alla vita quotidiana dei contadini salentini, tant’è vero che, dopo vari tentativi di repressione da parte della Santa Inquisizione, il fenomeno, ormai cristianizzato, entrò definitivamente nell’alveo del Cristianesimo e venne legato al culto di San Paolo.
La musica ed il ballo sono il cuore della tradizione popolare salentina, impregnate di cultura e storia, e, insieme al tarantismo, si sviluppò una danza popolare ormai famosa nel mondo, che nasceva spontaneamente nelle corti e nelle piazze di paese che ancora oggi, nelle calde atmosfere estive, i ritmi frenetici della Pizzica trascinano la folla a danze sfrenate e seducenti.

Si forma così la “ronda” (cerchio) e a turno i danzatori ballano in mezzo con una tecnica molto elementare che lascia spazio alla fantasia e all’emotività.
La “pizzica e core”, è la danza tra un uomo ed una donna che mima la seduzione; i ballerini non si toccano mai ma volteggiano uno intorno all’altro guardandosi negli occhi.
Infine, ma non ultima, va annoverata la cosiddetta “danza dei coltelli”. Il mito evocato, vissuto gioiosamente, è quello del duello rusticano, la lotta dei coltelli, certo molto frequente nei rapporti di forza tra gli uomini del passato. Questa originale forma di danza deriva certamente da un antico rito di sfida al coltello praticato dagli uomini litigiosi che si incontravano durante le fiere e i mercati. L’origine del duello è naturalmente da ricercarsi nei tipici regolamenti di conti fra uomini appartenenti alle famiglie d’onore ed in genere tra quelle categorie di persone abituate a risolvere in modo diretto le discussioni e le liti.
Col tempo il duello, che mirava esclusivamente al ferimento e all’eliminazione dell’avversario, si è trasformato in una pura azione dimostrativa, mimata senza armi vere ma con una simulazione rappresentata dal dito indice e dal dito medio protesi: i movimenti del corpo, sinuosamente studiati per schivare o affondare i colpi, devono essere gli stessi dei duelli del passato.

Si forma così la “ronda” (cerchio) e a turno i danzatori ballano in mezzo con una tecnica molto elementare che lascia spazio alla fantasia e all’emotività.
La “pizzica e core”, è la danza tra un uomo ed una donna che mima la seduzione; i ballerini non si toccano mai ma volteggiano uno intorno all’altro guardandosi negli occhi.
Infine, ma non ultima, va annoverata la cosiddetta “danza dei coltelli”. Il mito evocato, vissuto gioiosamente, è quello del duello rusticano, la lotta dei coltelli, certo molto frequente nei rapporti di forza tra gli uomini del passato. Questa originale forma di danza deriva certamente da un antico rito di sfida al coltello praticato dagli uomini litigiosi che si incontravano durante le fiere e i mercati. L’origine del duello è naturalmente da ricercarsi nei tipici regolamenti di conti fra uomini appartenenti alle famiglie d’onore ed in genere tra quelle categorie di persone abituate a risolvere in modo diretto le discussioni e le liti.
Col tempo il duello, che mirava esclusivamente al ferimento e all’eliminazione dell’avversario, si è trasformato in una pura azione dimostrativa, mimata senza armi vere ma con una simulazione rappresentata dal dito indice e dal dito medio protesi: i movimenti del corpo, sinuosamente studiati per schivare o affondare i colpi, devono essere gli stessi dei duelli del passato.

In Estate numerose sono le occasioni per rivivere, nella calda atmosfera estiva, i ritmi frenetici della Pizzica che trascinano la folla a danze sfrenate e seducenti. Sagre e feste di paese, ma anche feste private, rievocano antichi gesti, sguardi, riti, profumi, gioie e risate che si propagano e si perdono nelle calde notti estive.

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